Caso Regeni e caso Zaki: si accusa uno Stato, l’Egitto, di non rispettare i diritti umani, ma nello stesso tempo con questo Stato si fanno affari d’oro vendendo ad esso armamenti. Dov’è la coerenza? Demagogia e pragmatismo stanno dunque andando a braccetto?
Ho qui davanti a me due giornali, “Il Secolo XIX” del 14 aprile 2021 e “Il Secolo XIX” del 15 aprile 2021. Sul primo giornale si legge a pag.11 che l’Italia ha venduto all’Egitto una nave militare, l’ex fregata “Emilio Bianchi”, dopo un restyling di Fincantieri su commissione della marina egiziana, mentre sull’altro giornale a pag. 8 si legge che il Senato ha votato una mozione per chiedere al Governo Draghi di concedere la cittadinanza italiana a Patrick Zaki, lo studente egiziano iscritto all’Università di Bologna da 432 giorni detenuto con l’accusa di cospirazione contro lo Stato, in una prigione a sud del Cairo e sempre nella stessa pagina viene riportato un pezzo su Regeni e sulla sua tragica fine, non ancora del tutto chiarita e sulla quale pesano gravi ombre.
In ambedue gli articoli viene rimarcata la necessità di sostenere il principio dell’inviolabilità dei diritti umani riconosciuti, accusando l’Egitto, sia nel caso Regeni sia nel caso Zaki, di calpestarli.
E allora io mi chiedo: se il nostro governo è così attento, come lo deve essere, al rispetto dei diritti umani perché vende armamenti ad un Paese che non li rispetta?
Delle due, una: o mettiamo sull’altare i diritti oppure portiamo in banca i soldi, perché non si può da un lato fare le belle anime e poi, sotto, sotto, incassare moneta da chi accusiamo di barbarie.
D’accordo che “pecunia non olet”, ma in questo caso, se è vero quello che ha detto in aula Liliana Segre, dove in ballo c’è la libertà di un innocente detenuto ingiustamente, allora la pecunia “olet” e “olet” molto!
Chi scioglierà questo nodo? Demagogia e pragmatismo nel nostro Paese stanno andando a braccetto?
Gian Battista Cassulo
Foto di repertorio: una nave della Marina Italiana in navigazione