“TUTTO CIO’ CHE SONO” di ILARIA DI ROBERTO

In occasione della ricorrenza della “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne” che si svolgerà il prossimo 25 novembre 2022 e che è stata istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il 17 dicembre 1999, riceviamo e pubblichiamo con vero piacere la recensione del libro di Ilaria di Roberto titolato “Tutto ciò che sono” a firma di Andrea Macciò, appassionato cultore di studi sociologici e degli eventi che caratterizzano l’attuale stato della nostra società contemporanea – La Redazione

Un libro che nasce da uno spunto autobiografico

Tutto ciò che sono di Ilaria di Roberto è un libro singolare e originale, che partendo da uno spunto autobiografico e dal potenziale liberatorio e terapeutico della scrittura costruisce una testo estremamente coinvolgente, che mette insieme il racconto romanzato della propria esperienza di vita con riflessioni di ampio respiro sui meccanismi misogini e patriarcali dai quali la nostra società è ancora permeata, i pensieri trascritti come d’impulso sulla carta mossa da necessità di esprimersi e con la poesia.

La versatilità stilistica è uno dei punti essenziali del lavoro di Ilaria di Roberto.

L’autrice in passato è stata vittima di bullismo, violenza fisica, revenge porn e cyberbullismo.

Ilaria di Roberto ci accompagna in un viaggio dalla forte valenza emotiva e sociale dentro l’inferno che ha vissuto e dal quale è riuscita ad uscire grazie alla scrittura e alla danza. Bellissimo e struggente è il racconto di ispirazione autobiografica La ragazza con il cappio al collo che ci dimostra come un fenomeno del quale certamente si parla molto, ma ampiamente sottovalutato nei suoi effetti nefasti sulla vittima, come il revenge porn può portare una ragazza dalla sensibilità più spiccata e fragile sino al gesto estremo del suicidio.

L’autrice è stata personalmente vittima di revenge porn, ad opera di un ex compagno frequentato alcuni anni prima, che ha diffuso alcune immagini intime private sui social network. Un atto che ha scatenato una vera e propria persecuzione dei “cyberbulli” nei confronti dell’autrice. Ilaria di Roberto, che è una militante e attivista del femminismo radicale, affronta partendo dalla sua esperienza personale il tema della cosiddetta “cultura dello stupro” come la definì Margaret Lazarus, ancora abbondantemente diffusa in un paese nel quale la violenza sessuale contro una donna era ancora “reato contro la morale” e non contro la persona fino al 1996. Un paese nel quale su una donna vittima di violenza grava ancora quasi sempre una sorta di stigma morale, come se “se lo fosse andata a cercare” con un abbigliamento considerato provocante o con un atteggiamento di apparente disponibilità.

Un tema affrontato con un linguaggio forte e appassionato. Un fenomeno che i social hanno acuito in maniera spasmodica, spostando la cultura dello stupro dalla realtà al virtuale: molte sono le donne e le ragazze ripetutamente vittime di proposte oscene non desiderate solo per aver postato fotografie sui social network.

La ricostruzione di Ilaria di Roberto mette a nudo la misoginia e il patriarcato nel quale la nostra società è ancora immersa, e nel quale esiste una percezione oggettivamente diversa tra le donne che devono giustificare ogni azione, nella realtà o nella vita on line (ormai spesso intersecate nell’onlife, secondo la perfetta definizione del filosofo Luciano Floridi) e invita, a partire dalla sua sofferenza personale, le donne a ribaltare la situazione prendendo in mano la propria vita e rifiutando le dinamiche di compliance verso questo modello sociale violento e tossico.

Tra i temi trattati, quello dei gruppi on line dei cosiddetti Incel(crasi anglofona di celibi involontari) una sorta di subcultura che considera la sessualità non come un aspetto di una relazione, ma come una sorta di “diritto naturale” del maschio. Una subcultura della quale mi sono occupato a livello sociologico e che, se in Italia è per ora confinata a livello social, nel mondo anglosassone ha prodotto persino attentati terroristici come quello operato dallo studente canadese Alex Minassian.

Ci sono altre riflessioni socialmente interessanti, come quella sul concetto di “famiglia tradizionale” e sulla confusione tra “natura” e consuetudine sociale che ancora oggi caratterizza il discorso pubblico.

In un passo del libro, l’autrice afferma che a parere di molti uomini (e anche di alcune donne) basterebbe la visione di una ragazza in costume da bagno al mare per scatenare pulsioni incontrollabili negli uomini, portando ad esempio molestie subite di persona.

Una affermazione troppo estrema?

Le reazioni dei social network all’immagine della nuotatrice del sincronizzato Linda Cerruti sembrano confermare la tesi contenuta nel libro: effettivamente dai commenti appariva che alcuni non avessero mai visto una ragazza in costume da bagno.

Il libro è anche molto introspettivo, chi legge è partecipe della sofferenza dell’autrice, dagli attacchi di panico alle pulsioni suicide ai disturbi alimentari.

Tutto ciò che sono è anche però la narrazione di una rinascita, attraverso la scrittura, la danza e l’attivismo sociale nel movimento femminista per ricostruire una società fondata sulla parità di genere e su relazioni sane.

Tutto ciò che sono è anche il titolo della bellissima poesia nella quale Ilaria di Roberto racconta sé stessa nella sua complessità e rivendica la sua autodeterminazione.

Nel libro c’è anche un aspetto meno evidente

L’autrice è originaria di Cori (Lt) paese dei monti Lepini non lontano da metropoli come Roma e Napoli.

Tutto ciò che sono in un certo senso ridimensiona anche la retorica del piccolo borgo incantato e felice dove si vive benissimo e slow. La provincia profonda italiana, che poi costituisce il cuore pulsante e la vera essenza di questo paese, non è solo quello che appare nelle rappresentazioni turistiche. Può anche essere una prigione, e le relazioni personali possono essere talora più tossiche e opprimenti che nell’anonimato di una grande città.

Tutto ciò che sono, questo è certo, è un libro che non può lasciare indifferenti

                                               Andrea Macciò

Note sulle persone citate nel testo

  • Luciano Floridi è un filosofo italiano naturalizzato britannico, professore ordinario di filosofia ed etica dell’informazione presso l’Oxford Internet Institute dell’Università di Oxford, dove è direttore del Digital Ethics Lab, nonché professore di Sociologia della comunicazione presso l’Università di Bologna.
  • Margaret Lazarus è una produttrice cinematografica/regista americana nota per il suo lavoro nei film documentari. Lei e il suo partner, Renner Wunderlich, hanno ricevuto un Oscar nel 1993 per il loro documentario Defending Our Lives, sulle donne maltrattate che erano in prigione per aver ucciso i loro aguzzini.
  • Linda Cerruti, assiema a Costanza Ferro, Domiziana Cavanna, Francesca Zunino e Marta Murru, è stata protagonista agli Europei e ai Mondiali di Nuoto artistico 2022 conquistando la medaglia d’oro

A completezza della recensione qui sopra riportata, vi riproponiamo un pezzo apparso sulla nostra edizione online del 30 novembre 2021 su una iniziativa avviata dal Comune di Serravalle Scrivia per sensibilizzare l’opinione pubblica a partire dalle scuole sul tema della violenza

DUE NUOVE PANCHINE ROSSE A SERRAVALLE SCRIVIA CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

30 novembre 2021

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *