8 luglio 1944: IL BOMBARDAMENTO DI NOVI

Per non dimenticare, ogni anno le istituzioni, le scuole e le associazioni propongono momenti di commemorazione

8 luglio 1944, Novi Ligure. Un altro giorno di guerra. Quella mattina, però, non è una mattina come le altre; la gente è abituata ai motori degli aerei che sorvolano Novi, è abituata a sentire gli echi delle bombe che arrivano da luoghi strategici vicini, come Genova. Tuttavia, alle 10,20 di quella mattina, e poi ancora alcuni minuti dopo, le bombe si abbattono sulla città, uccidendo oltre 100 persone e distruggendo molti edifici delle vie del centro. Tra le vittime ci sono donne e bambini investiti dalle bombe e dai crolli mentre erano in coda davanti a una latteria in via Paolo Giacometti, in attesa di ricevere il quartino di latte annacquato a cui avevano diritto tramite l’aborrita tessera annonaria.

Il bilancio di quella giornata fu spaventoso. L’area di Porta Pozzolo fu in gran parte distrutta. L’Albergo Reale, l’Hotel Novi, l’Albergo Viaggiatori, con due edifici ad esso attigui in corso Marenco, il palazzo Pernigotti, il palazzo dove un tempo era collocato l’Albergo Leon d’Oro, la casa d’angolo tra via Giacometti e corso Marenco di fronte alla latteria, la sede della Tramvia Novi-Ovada e quella dei Telefoni erano cumuli di rovine informi. Non possiamo dimenticare il bombardamento a tappeto che lo scalo di San Bovo subì proprio quell’8 luglio 1944, quando la seconda ondata degli aerei, dieci minuti dopo la prima, liberò nuovamente il suo carico di devastazione e di morte.

Per non dimenticare, ogni anno le istituzioni, le scuole e le associazioni propongono momenti di commemorazione. Questo ricordo si è ripetuto anche quest’anno, sabato 6 luglio 2024, alle 10,30, in piazza della Repubblica (galleria Mazzini) dove si è svolta la cerimonia in ricordo delle vittime di quel bombardamento.

Dopo la deposizione di una corona alla lapide commemorativa, è intervenuto il sindaco, Rocchino Muliere, mentre l’orazione ufficiale è stata svolta dalla professoressa Alice Lucina e infine la benedizione di Don Massimo Bianchi.

Franco Montobbio

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