
Sabato 7 giugno, dalle 11 alle 22, all’Ex Monastero di San Remigio, una intera giornata dedicata al vino naturale, al cibo e all’artigianato locale

Un vino “naturale” viene realizzato mediante fermentazione spontanea del mosto, senza aggiunta di altre sostanze, fatta eventualmente eccezione per piccole quantità di anidride solforosa. Non sono consentiti procedimenti tali da alterarne le caratteristiche intrinseche (ad esempio fermentazione a temperatura controllata, chiarificazione e stabilizzazione con sostanze chimiche, ecc.).
Ad oggi, a differenza dei vini biologici e biodinamici, non esiste alcuna legislazione UE o una più precisa certificazione di “vino naturale“. In assenza di tale certificazione, esistono ad oggi varie associazioni che promuovono il vino naturale, dotandosi di regolamenti propri.
La produzione di un vino naturale si pone l’obiettivo di esprimere in modo trasparente e rispettoso un territorio ed un vitigno, alla ricerca di un gusto “naturale”, originario del vino, frutto di una vinificazione condotta secondo i principi che la natura ci mette a disposizione
L’ingresso alla manifestazione è libero. Acquistando il calice di degustazione (12€) si possono degustare le proposte delle 27 cantine partecipanti all’iniziativa, negli orari compresi fra le 11,00 e le 19,00.
In parallelo, si terrà il Mercato artigiano e contadino con una ricca esposizione di prodotti del territorio d’Oltregiogo.
Il nutrito programma della manifestazione prevede:


🕓 16,00 – Talk con i produttori: Storie eretiche di Cortese
🕟 16.30 – Letture per bimbi a cura di Libreria Namastè
🕔 17,00 – Presentazione della rivista Versanti
🕠 17.30 – Orizzontale eretica: degustazione alla cieca con Enoteca Radici (su prenotazione, 20€)
Dalle 19,00 alle 22,00 sarà possibile cenare e festeggiare con
🍽 Il Baffo s’Impregna di Ovada
🍽 Cascina Il Cucco di Casaleggio Boiro
🍽 Pro Loco di Parodi Ligure
🍽 Arci Tramontana


L’evento è realizzato con il patrocinio del Comune di Parodi Ligure.
L’ABBAZIA DI SAN REMIGIO

La storia di questo monumento inizia da molto lontano, dal 10 giugno 1033, quando il Marchese Adalberto, di stirpe Obertenga e la moglie Adelasia dotano la badia Benedettina di S. Maria di Castiglione presso Parma di moltissimi beni e diritti immobiliari siti in diversi comitati del regno Italico. A quel tempo il dominio degli Obertenghi si estendeva su una vastissima area dell’Italia settentrionale, la Marca Obertenga, cui appartenevano sia Parma sia questa parte dell’Appennino e questo spiega perché a detta badia fossero assegnati beni in Gavi, Tassarolo e Palaude (Parodi). Il nome Palaude citato nei documenti ricorda come il territorio circostante l’attuale nucleo di Parodi fosse paludoso. I padri Benedettini trasferiti qui lo bonificano facendo defluire le acque stagnanti del torrente Albedosa e al centro della valle resa fertile e coltivata costruiscono il Monastero che viene dedicato a S. Remigio.
La prima documentazione dell’esistenza del Monastero risale al 1143, il 13 aprile, quando una bolla di Papa Innocenzo II conferma la dipendenza di S. Remigio da S. Maria di Castiglione che dipende a sua volta direttamente dalla Santa Sede.
Nel 1188 S. Remigio ha già come sua dipendenza la vicina Chiesa di S. Stefano e in pochi anni nel territorio circostante si sono formate comunità agricole, alcune delle quali dotate di propri sindaci e quindi affrancate dal dominio degli Obertenghi. Sono gli anni in cui il complesso di S. Remigio accresce rapidamente la sua importanza come testimoniano le controversie che si accendono non solo tra i comuni di Genova e Tortona ma tra le rispettive diocesi che si contendono questa fetta dell’Oltregiogo. I legami con S. Maria di Castiglione parmense si affievoliscono e contemporaneamente diventano sempre più forti quelli con Genova, tanto che in un atto del 1378 troviamo come rettore di S. Remigio il genovese Aleramo Spinola di Luccoli. Il patrimonio terriero che appartiene al Monastero diventa ambito dai patrizi genovesi come ben si comprende scorrendo l’elenco dei Priori, Rettori e Abati che nei secoli furono alla guida del Monastero, appartenenti alle famiglie dell’aristocrazia genovese.
Verso la metà del XVI secolo, sotto il patrocinio della famiglia Doria, S. Remigio diventa parrocchia e nel corso della seconda metà del secolo XVII l’antico cenobio viene adattato ad abitazione del parroco ed i beni del vecchio Monastero vengono alienati. Nella prima metà del XIX secolo la Chiesa torna a essere un importante fulcro locale di vita religiosa tanto che a questo periodo risale la trasformazione a tre navate voluta per far fronte all’aumento della popolazione. La parrocchiale esercita ancora le sue funzioni per tutto il secolo XIX e per la prima metà del XX ma la sua posizione decentrata determina l’aspirazione da parte della popolazione ad avere una Chiesa all’interno del perimetro urbano. Nel 1959 viene infatti edificata la nuova parrocchiale in Cadepiaggio e l’antica Chiesa dei padri Benedettini, perso il ruolo di supremazia tenuto per secoli, è definitivamente abbandonata e conosce gli anni più bui della sua lunga storia che culminano con il crollo della volta della navata centrale avvenuto nel 1982.
Oggi la Chiesa, con ingresso principale assiale in facciata e due ingressi laterali dal cortile, presenta tre navate: la centrale di larghezza maggiore è suddivisa da quelle laterali da pilastri cruciformi. La parte dei prospetti sottostante la torre campanaria è certamente la più antica, alle pareti emergono alcune forme architettoniche che risalgono alla fase iniziale di fondazione del complesso architettonico.
La navata centrale è conclusa da un abside a pianta semicircolare preceduto da un profondo presbiterio; sulle pareti longitudinali del presbiterio si aprono i collegamenti con le due sacrestie, quella di destra più antica, quella di sinistra costruita nel XX secolo.
Le navate laterali sono illuminate da finestre pluricurve e in corrispondenza dell’arcata di maggiori dimensioni la continuità lineare dell’andamento murario è interrotta da due cappelle laterali a pianta quadrangolare che dilatano lo spazio interno. La volta della navata centrale è andata perduta con il crollo avvenuto nel 1982 ma alcune tracce del suo andamento sono rimaste a testimoniare la presenza di cinque volte a crociera. I pilastri, con basamento, sono realizzati con blocchi di pietra locale squadrata e mattoni in tratti sovrapposti. Una cupola a pianta ellittica con asse maggiore parallelo alla facciata copre il presbiterio ed è sormontata da una lanterna anch’essa a base ellittica. L’abside semicilindrica presenta una nicchia centrale ai cui lati si aprono due finestre di forma uguale a quelle della lanterna sormontante la cupola.
Il pavimento originale realizzato in elementi di cotto quadrati di cm 46 per lato oggi è conservato solo in piccola parte in cima alla navata laterale sinistra.
Davide Pietro Boretti