Una breve storia delle “Acque sorgenti novesi” dagli anni Ottanta del secolo scorso ai giorni nostri
L’acqua è un bene pubblico o un bene privato? È questa una domanda dal sapore amletico al quale sarebbe facile rispondere: l’acqua per sua natura è un bene pubblico, sennonché esiste sempre un “ma”! E in questo caso il “ma” altro non rappresenta che un insieme di interessi che su questo bene primario gravano.
La storia “moderna” del civico acquedotto novese nasce nel corso del Consiglio comunale del 21 dicembre del 1982. In quella seduta, direi prenatalizia, il Consiglio comunale, all’epoca presieduto dal Sindaco Armando Pagella, decretò l’acquisizione del Civico acquedotto di proprietà della famiglia Raggio per la bella cifra, considerata l’epoca e lo stato d’uso degli impianti alquanto fatiscenti, di un miliardo e ottocento milioni.
Le “Acque Sorgenti Novesi”, come a quei tempi si denominava l’acquedotto e alla cui presidenza fu posto il socialista Mauro Ferrando, inglobò anche parte delle reti idriche di Serravalle e Arquata Scrivia e in Consiglio comunale si accese subito il dibattito sulla gestione della quella nuova realtà comunale.
Due furono le tesi che si fronteggiarono: una era quella di inglobare l’acquedotto nell’allora azienda municipalizzata del gas per unificare i costi di manutenzione e l’altra era quella di creare una S.p.A. a maggioranza pubblica ritenendola, secondo uno studio dell’ANCI, un’entità amministrativa più snella.
Prevalse, nonostante la dura opposizione del P.C.I. e di un Consigliere comunale del P.R.I., la seconda ipotesi sostenuta dal P.S.I., che nel frattempo nel 1985, con la nascita del Pentapartito, aveva espresso anche il Sindaco della città, nella figura di Mario Angeli.
Nacque così la “S.p.A. Acque Sorgenti Novesi” ora presieduta, al posto di Mauro Ferrando, dal compagno di partito Vincenzo Daglio, e la nuova società, oltre alla gestione dell’acquedotto, fu arricchita da una serie di altre incombenze, dall’urbanistica all’informatica.
Il Consiglio comunale di quell’epoca di fronte a quell’allargamento delle competenze vide il pericolo di una penalizzazione delle sue funzioni e con il passare del tempo però la nuova S.p.A. iniziò a rivelarsi un carrozzone difficile da gestire (ad esempio comprò dal comune di Cuneo un elaboratore elettronico di seconda mano che poi si rivelò un debito) anche perché la rete idrica acquisita dalla famiglia Raggio era stata originariamente pensata per il Centro storico e il suo immediato circondario e, come detto prima, presentava notevoli criticità.
Con l’entrata in vigore del Piano Regolatore del 1968, poi ridimensionato nel 1986, e diventato operativo nel 1970, l’urbanizzazione della città si estese oltre misura e il vecchio acquedotto diventò “asmatico”, tanto che negli anni Novanta venne presentato in Consiglio comunale il “progetto Bruschi” che prevedeva un impegno di spesa di sessanta miliardi delle vecchie lire, per adeguare la rete idrica cittadina alle nuove esigenze urbanistiche.
Nel frattempo a Novi Ligure l’esperienza del “Pentapartito” fu ben preso archiviata e nel 1990 il P.C.I., diventato P.d.S., ritornò al governo della città assieme allo P.S.I., allo P.S.D.I. e con l’appoggio esterno del P.R.I. (che, vista l’inedita alleanza, propose la creazione di un unico gruppo consiliare di maggioranza in Consiglio), sempre con Sindaco Mario Angeli.
Dall’incontro di queste forze politiche nacque una nuova riflessione sull’acquedotto che, di fronte alle difficoltà sopra menzionate, tra la soddisfazione generale, fu finalmente accorpato alla già esistente Azienda del gas, dando vita all’Azienda municipalizzata di Gas e Acqua, che nel 1993 divenne “Azienda consortile”, in quanto a servizio anche di altri comuni.
Dal 1996, in un quadro politico completamente cambiato, con la città a salda guida P.d.S. e con Mario Lovelli sindaco, la “Azienda municipalizzata gas e acqua”, in considerazione dell’estensione del servizio offerto anche ad altri comuni e alla luce della nuova legge sulle Autonomie locali, assunse la denominazione di “Azienda consortile ACOS”, trasformandosi poi, nel 1999, in una società per azioni, con l’ingresso nel capitale sociale anche di soggetti privati.
E questo cambio di passo dal pubblico al privato accadeva, ironia della sorte, quando alla guida della città erano tornati gli eredi del vecchio P.C.I. che negli anni Ottanta si erano fieramente opposti, assieme al Consigliere comunale del P.R.I. (poi espulso dal partito), contro la privatizzazione del civico acquedotto!
Ora la questione dell’acquedotto novese è nelle mani dell’Egato 6 che a livello alessandrino si occupa, gestendo le risorse del Pnrr, di riorganizzare in termini razionali, la gestione degli acquedotti del novese, dell’ovadese e del tortonese, con la condizionale che tali acquedotti devono essere in mani pubbliche e non private.
L’acquedotto novese però, in seguito alla sua politica aziendale, ha inglobato al suo interno anche capitali privati e quindi sembra che non potrà accedere ai benefici del Pnrr di cui l’Egato 6, oggi presieduto dal dott. Giacomo Perocchio, è il detentore e che ha creato la SoGeRi, una società interamente pubblica per fornire acqua ai 72 comuni del Basso Piemonte, che noi de “l’inchiostro fresco” chiamiamo l’Oltregiogo.
Sarà forse questa l’occasione per sancire il sacro principio che l’acqua è un “bene pubblico” e che, come tale, deve rimanere saldamente nelle mani dei cittadini attraverso società pubbliche, lasciando fuori da questo settore le mani dei privati? Speriamo!
Gian Battista Cassulo