Un Grand Tour fotografico nell’Italia degli anni Sessanta

La mostra è realizzata con il contributo di Ares e in collaborazione con Magnum Photos e Archivio Bruno Barbey


A Palazzo Barolo di Torino una mostra che ripercorre le tappe di un reportage che Bruno Barbey realizzò lungo l’Italia negli anni Sessanta, ma che venne pubblicato in forma integrale in Italia solo nel 2022. “Bruno Barbey, Gli italiani” è una mostra che raccoglie una selezione di fotografie in bianco e nero, fatta dallo stesso artista, e resterà aperta dal 12 settembre 2025 all’11 gennaio 2026.
Gli scatti in mostra muovono da Milano a Roma, da Napoli a Palermo, dagli ambienti benestanti a quelli più poveri, rivelando un ritratto nostalgico e contraddittorio degli italiani del boom economico. Durante il suo viaggio fotografico in Italia, Barbey ha notato la particolare attitudine degli italiani a farsi riprendere, a farsi fotografare, anche mettendosi in posa trasformando in alcuni casi la fotografia di reportage in una curiosa forma di staged photography.
Barbey dovette aspettare il 2002 per vedere pubblicato il proprio progetto (Editions de La Martinière). Solo nel 2022 la casa editrice Contrasto pubblicò il lavoro, postumo, nel volume Gli Italiani, definendo il modello che oggi viene assunto come spartito per riprodurre la selezione in mostra.
A integrare il percorso espositivo è presente un video di dieci minuti girato da Caroline Thiénot-Barbey, moglie dell’artista, che ripercorre genesi e sviluppo del reportage, insieme a una serie di citazioni di figure di spicco dello spettacolo e della cultura, che aiutano a contestualizzare gli scatti nell’ambito sociale e artistico degli anni Sessanta.
Le immagini di Barbey ritraggono un Paese in anni di profonda trasformazione, gli anni Sessanta del boom economico, ma anche delle prime avvisaglie della contestazione del 1968, della liberazione sessuale, della progressiva emancipazione degli italiani dall’influenza della Chiesa dalla vita politica e sociale. E l’artista, nel suo Grand Tour fotografico, restituisce il ritratto di un’Italia dove la Chiesa e la religione erano onnipresenti. Negli anni Sessanta, Barbey era ancora uno studente di fotografia in Svizzera, l’Italia era un paese vicino, ma ricco di fascino esotico nonostante la vicinanza, pieno di luce ed energia e già proiettato verso la società dell’immagine e del selfie di oggi. L’artista fotografa le differenze tra un Nord che aspirava a un sogno metropolitano e un Sud che faticava nella ricostruzione e ancora saldamente ancorato alla cultura contadina. In mezzo le grandi contraddizioni di Roma, da un lato il cinema, l’arte e la “dolce vita”, dall’altro baraccopoli a poche centinaia di metri dal centro.
Ci sono immagini che potremmo vedere ancora oggi, quelle delle cerimonie religiose e processioni che resistono come rituali identitari in un paese fortemente secolarizzato, e altre no, come quel bacio a un binario della stazione centrale di Milano, alla quale oggi sono ammessi solo i “possessori di titolo di viaggio” e comprendiamo forse come quel momento storico sia stato caratterizzato da un grande salto in avanti in termini di libertà individuali e condizioni economico-sociali medie che oggi tende invece a rifluire verso direzioni ad oggi non prevedibili.
Barbey ha fotografato così tutti gli strati della società: l’Italia delle cerimonie religiose e delle feste di paese, del boom economico e delle tradizioni antiche, degli operai e dei contadini, dei proletari e dei borghesi, dei nuovi ricchi e soprattutto degli abitanti, che con la loro fierezza si facevano interpreti della più profonda identità italiana. A tratti, gli scatti di Barbey sembrano raccogliere i personaggi di una moderna Commedia dell’arte, popolata da mendicanti, preti, suore, carabinieri, contadini, famiglie, figure archetipiche che negli stessi anni davano sostanza e popolarità ai film di Pasolini, Visconti e Fellini.
“Barbey non è stato solo un fotografo. È stato anche un radiologo– scrive Giosuè Calaciura nel testo che introduce il volume Gli Italiani, edito da Contrasto (2022 – In queste foto, con uno sguardo profondissimo, è riuscito a cogliere le permanenze di un’antropologia complicata, ancestrale. Quello che non cambia o che muta solo nei tempi lentissimi delle Ere. È il rapporto intimo con la propria antichità”.
Uno sguardo “antropologico” quello di Barbey che guarda come accennato all’Italia come a un paese “esotico” e proprio per questo coglie alcuni tratti essenziali del genius loci e della società di quel tempo.
Andrea Macciò

Biografia dell’artista
Bruno Barbey, nato in Marocco nel 1941, ha studiato fotografia e arti grafiche all’École des Arts et Métiers di Vevey, in Svizzera. Dal 1961 al 1964 ha fotografato gli italiani, considerandoli protagonisti di un piccolo “mondo teatrale”. Nel 1964 è entrato a far parte della prestigiosa agenzia Magnum Photos. In oltre cinquant’anni di carriera, Barbey ha lavorato in tutti e cinque i continenti e ha coperto guerre e conflitti in Nigeria, Vietnam, Medio Oriente, Bangladesh, Cambogia, Irlanda del Nord, Iraq e Kuwait. Il suo lavoro è apparso sulle principali riviste del mondo e ha pubblicato oltre 30 libri. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui l’Ordine Nazionale del Merito francese. Le sue fotografie sono esposte in tutto il mondo e sono presenti in numerose collezioni museali. Nel 2016 è diventato membro dell’Accademia di Belle Arti francese. Bruno Barbey è morto il 9 novembre 2020 a Orbais-l’Abbaye.
Andrea Macciò

Info: La mostra, prodotta da Ares in collaborazione con Magnum Photos e l’Archivio Bruno Barbey, è realizzata con il patrocinio di Torino Metropoli e con il supporto di freecards e Contrasto; Media partner Sky Arte.
Accompagna l’esposizione il volume Gli Italiani, di Bruno Barbey, edito da Contrasto nel 2022. Le fotografie sono giunte in redazione assieme all’articolo qui pubblicato











