“OCCORRE CHE LA LUCE PASSI TRA I RAMI”

Una raccolta poetica di Massimo Silvotti, direttore e fondatore di un luogo unico al mondo, il “Piccolo Museo della Poesia”, recensita da Andrea Macciò

Occorre che luce passi tra i rami” è un’intensa raccolta poetica di Massimo Silvotti, direttore e fondatore di un luogo unico al mondo, il “Piccolo Museo della Poesiache si trova nella Chiesa di San Cristoforo a Piacenza – (nella foto di copertina un momento dell’inaugurazione del Piccolo Museo della Poesia di Piacenza)

Il Piccolo Museo è il luogo della consonanza tra arte e poesia, spazio sperimentale di contaminazione fra le arti, di relazioni tra le persone, di sintesi creativa. L’organigramma è composto esclusivamente da poeti e artisti che accompagnano il visitatore in “visite poetiche”. Il Piccolo Museo organizza inoltre eventi specifici come le “notti poetiche” e le “cene poetiche”.

Lo spazio espositivo è diviso in tre aree:

  • La prima ospita lavori contemporanei inediti inviati al museo da poeti attivi nel nostro tempo, opere di poesia visiva, lineare, concreta,
  • La seconda ospita lavori di poesia classica, moderna e contemporanea. Qua spicca una copia scritta e miniata a mano della Divina Commedia.
  • La terza sezione è ospitata nella Biblioteca annessa alla Chiesa.

Lo spazio espositivo ospita inoltre alcune opere dello stesso Massimo Silvotti e un’opera collettiva dedicata al viaggio, uno zaino costruito grazie a un mosaico di bustine da thè.

“OCCORRE CHE LA LUCE PASSI TRA I RAMI” in una recensione di Andrea Macciò

La raccolta poetica di Silvotti, uscita nel dicembre 2022 per le edizioni Puntoacapo di Pasturana (Al), è il racconto di un viaggio dell’autore alla ricerca della “luce” poetica che illumini un tempo caratterizzato dall’accelerazione e dalla superficialità.

La prima parte “Incolmabili fenditure” è legata ai ricordi d’infanzia e di un tempo di ieri, un passato prossimo eppure che sembra lontanissimo nei versi dell’autore, percepito come meno oppressivo e crudele di quello odierno. La sezione contiene omaggi a due maestri del Novecento, Holderlin e Ungaretti. A quest’ultimo si ispira siamo come lampioni/in un piazzale di un centro commerciale/di notte/quasi soli, versi che rimandano a una sorta di versione inorganica e postmoderna, ambientata in uno delle tante periferie urbane, delle note foglie autunnali del medesimo Ungaretti. Molto intensa anche “Un Natale di trent’anni fa” nel quale affiorano ricordi dolcemente melanconici “è natale, nel cesto della frutta due arance un po’ mollicce tre nocciole una noce (…) un lampione la strada rischiara parzialmente la via/ si odono alcune risa…” mentre nel tempo spietato di oggi “la rabbia afferra alla notte la gola anche durante le feste”. L’angoscia di un mondo arido e spoetizzato, nel quale nessuna luce filtra tra i rami domina tutta questa sezione della raccolta.

Nella seconda sezione, “Noi” è evidente l’influsso del poeta della solitudine Giampiero Neri. I temi prevalenti sono quello dell’amore, come in “Umidi Cuori” e “Il fiato corto” insaporire “di baci/tra le tue cosce mordaci: il fiato corto/come caffettiera senz’acqua” e l’incontro con il disagio sociale e psicologico, legato a passate esperienze dell’autore impegnato in professioni d’aiuto, come in “Il Signor Fabrizio” storia di una persona vissuta per tredici anni in un manicomio criminale e “Lorenzo”. Alcuni testi sono in francese, come l’omaggio a Giampiero Neri dove troviamo la “similitudine rovesciata” les oiseaux/comme les avions/hors au vent”. Alcune letture critiche avvicinano la poesia di Silvotti alla scuola del cosiddetto “realismo terminale”.

Chiudono la raccolta tre poesie scritte nel difficile periodo del lockdown: la prima evoca l’aridità e la claustrofobia di un periodo nel quale il mondo esterno sembrava abitato solo da sfuggenti ombre; la seconda ricorda la morte, quell’estate, del “poeta del calcioDiego Maradona simbolo della fine di quella fase della vita nella quale sembra sempre inizio estate, e la terza racconta la rinascita che passa attraverso il contatto con la natura.

La poesia di Silvotti, come evidenzia nella prefazione Alessandro Rivali, evoca l’urgenza del silenzio nell’epoca della bulimia di dati e informazioni, e ci accompagna in cerca di una lama di luce che filtri tra i rami in un’epoca spietata e disumana senza indulgere in sentimentalismi, ma con lucidità e frequenti riferimenti alla storia della poesia.

Andrea Macciò

Massimo Silvotti è poeta, artista e filosofo, ideatore di performances e curatore di mostre. Direttore del Piccolo Museo della Poesia di Piacenza e direttore artistico della Biennale Italiana delle Arti. Numerose le pubblicazioni al suo attivo in campo poetico, artistico e filosofico

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