1224: CAPRIATA VA IN GUERRA

Tra l’eroismo bellico e l’orgoglio di una autonomia politica, da un lato, e il complottismo diplomatico, dall’altro. Piccola storia dell’Oltregiogo in età medievale

Quasi novecento anni or sono Capriata, per la sua invidiabile posizione geografica, fu al centro di una contesa territoriale tra Genova e Alessandria che diede origine, all’interno della società capriatese, ad una atavica divisione tra chi teneva all’indipendenza di Capriata, vedendola come alleata della Repubblica di Genova, e chi invece voleva venderla agli alessandrini. Una divisione che a ben vedere, sia pure sotto altri profili, continua ancora oggi ad essere presente in paese.

Come insegna Capriata d’Orba, alcune cose possono essere sia vantaggi che maledizioni

Capriata d’Orba, piccola centro dell’Oltregiogo, si erge, protetta alle spalle da alti e declinanti rilievi appenninici, su un poggio che domina la Valle dell’Orba, zona strategica di passaggio fin dai tempi dei Celti Liguri, primi abitatori del territorio. I tratti collinari che la circondano sono da sempre il luogo ideale per una pregiata viticoltura, mentre i fertili terreni della sua pianura “orbasca” danno ricche messi di grano, granoturco e fieno.

Ma anche la pietra della zona è di qualità ed è stata usata sin dalle antiche origini per la costruzione delle sue tradizionali case in pietra (cavriain latino) che, insieme al torrente che sia pure da lontano la lambisce (rio), danno anche il nome all’abitato: nel dialetto locale, la città viene infatti chiamata Ca-vi-rió.

Tale unione di vantaggi strategici e risorse economiche rese Capriata una preda ambita nella turbolenta politica dell’Italia medievale. L’Oltregiogo è terra di mezzo tra Genova ed Alessandria, ed il borgo viene conteso tra le due superpotenze medievali.

Il primo passo è della Superba: nel 1121 estende la sua influenza oltre il Passo dei Giovi e della Bocchetta, acquistando Voltaggio. La mossa preoccupa Alessandria che, pochi anni dopo (1183) sigla un patto di Alleanza con Capriata, che è gelosa e orgogliosa della sua autonomia: il prezzo, la “cessione dei diritti” su Castellazzo.

Nel 1218 il colpo di scena: il popolo capriatese scavalca i propri governanti filo alessandrini, giurando direttamente fedeltà alla città ligure.

Una situazione molto tesa, che esplode in seguito al riaccendersi delle ostilità tra i seguaci del papato (Papa Gregorio IX) e della Lega Lombarda (fondata nel 1167), tra cui spicca Alessandria (che è diventata ufficialmente città il 3 maggio 1168), e quelli dell’imperatore Federico II, tra cui si contava Genova (oligarchica repubblica marinara che affonda le sue origini attorno al 1096, rendendosi autonoma dal Sacro Romano Impero).

1224: Un contingente di armigeri alessandrini, rinforzato da altri aderenti alla Lega Lombarda, tenta un assalto di sorpresa a Capriata. Tra gli abitanti vi è però un certo Bonsignore d’Arena: egli riorganizza i concittadini, che si rianimano e respingono i nemici. L’assedio va avanti, fino a quella che è ricordata come la tregua violata del 1228.

Quell’anno, una delegazione formata dal podestà genovese e dagli ambasciatori di Milano si reca a Capriata per trattare. Arrivato all’abitato, il gruppo di negoziatori lo trova circondato da un esercito alessandrino pronto all’assalto. Seppur intimoriti dalla tesissima situazione, i delegati si fanno largo verso gli assediati per intavolare le trattative. Queste, protraendosi a lungo, però non hanno successo e gli assedianti decidono allora di fare irruzione ma hanno una amara sorpresa: trovano una città vuota, le case vuote, vecchi e malati come unici abitanti. I capriatesi, approfittando infatti della pausa delle ostilità dovuta alla tentata mediazione, sono fuggiti con il loro Podestà verso Gavi, salvando armi e beni. In risposta gli alessandrini occupano militarmente il borgo.

Come la guerra di Capriata, anche la sua pace è tipica dell’Italia medievale, nei suoi aspetti meno nobili, di intrigo e miope complottismo.

Nel 1231 è di nuovo tempo di cercare un accordo e le due città litiganti, Alessandria e Genova, nominano degli arbitri. Gli alessandrini presentano Sardo, arciprete di Alba (oggi in provincia di Cuneo), mentre Genova è rappresentata da frate Guglielmo da Voltaggio, cavaliere degli Ospitalieri di San Giovanni. I due decidono che Capriata d’Orba torni a Genova, ma non riescono a decidere su alcune clausole minori. Viene così richiesta la presenza di un terzo mediatore, Bartolomeo da Vicenza, dell’ordine dei Frati Predicatori domenicani.

È proprio il religioso domenicano ad insistere per inserire nel documento una clausola, da leggersi dopo un anno. Tale postilla impone la divisione di Capriata a metà tra Alessandria e Genova. Quest’ultima poi deve pagare 3000 monete pavesi come pedaggio a Gavi ed ha l’obbligo di far passare per Alessandria le sue merci dirette all’entroterra.

Tuttavia, in questo periodo Genova è in piena salute, mentre Alessandria è ormai in decadenza.

La postilla rimane così lettera morta, utile solo per far risaltare l’impotenza dei piemontesi. In più, venne scoperto come il frate domenicano fosse stato corrotto dagli alessandrini: alla loro debolezza economica si unì la perdita di credibilità politica.

Ma la vicenda denota anche l’origine di un’antica divisione all’interno della società capriatese, resa fiorente dalla sua invidiabile posizione geografica e dalla ricchezza del suo territorio, ma dilaniata tra chi teneva all’indipendenza di Capriata, vedendola come alleata della Repubblica di Genova, e chi invece voleva venderla agli alessandrini.

Una divisione che a ben vedere, sia pure sotto altri profili, continua ancora oggi ad essere presente in paese.

Matteo Clerici

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