ALLA SCOPERTA DELLA DANZA TRADIZIONALE GIAPPONESE E DEL MONDO DEL COSPLAY

Catia Fucci alias Lady Murasaki, una “geisha” nell’Oltregiogo

La danza tradizionale giapponese è un’arte che si è diffusa nel paese nipponico tra il XVII e il XIX secolo, l’era dell’Ukyoe-e, letteralmente “dipinto del mondo fluttuante”. Hokusai è il riconosciuto maestro dell’Ukyo-e i protagonisti delle stampe giapponesi sono le raffinate figure femminili, gli attori del teatro Kabuki e i paesaggi come la celebre onda.

Una delle figure centrali del periodo dell’Ukyo-e è la geisha, intrattenitrice e artista esperta nella musica, nella danza e nel canto, vestita con vistosi kimono. Un’arte che oggi sta scomparendo, ma che molte giapponesi continuano a praticare in nome di un’antica tradizione. A partire dagli anni Settanta, la cultura giapponese ha iniziato a diffondersi anche in Italia con l’arrivo dei manga, fumetti caratterizzati da un’estetica prospettica diversa da quella occidentale, e gli anime, i cartoni animati nipponici e si è diffuso anche in Italia il fenomeno dei cosplayer (contrazione di costume e players) ragazze e ragazzi (e oggi anche adulti) che cuciono e indossano in eventi dedicati i costumi dei loro personaggi preferiti.   

Un fenomeno sociale che negli ultimi anni ha generato l’interesse dei sociologi studiosi delle culture giovanili e di nicchia e di un apposito circuito economico dedicato a queste fiere ed eventi.

In occasione della nuova edizione di AleComics, che si è tenuta sabato 2 e domenica 3 settembre alla Cittadella di Alessandria, siamo andati alla scoperta della cultura giapponese, da quella tradizionale dell’antica danza delle geishe a quella post-moderna e pop dei cosplayer con l’artista Catia Fucci in arte Lady Murasaki, che con tenace passione si è dedicata a studiare queste arti per portarle in Italia e trasformare la sua passione anche in un lavoro.

Catia Fucci, toscana di Grosseto, si definisce “l’unica geisha italiana”       e si è appena trasferita nel territorio dell’Oltregiogo, a Serravalle Scrivia, e spera di far conoscere anche in questa zona e nelle vicine città del Nordovest come Torino e Genova l’arte dimenticata della danza giapponese, oltre alla sua passione per il cosplay.

Noi l’abbiamo intervistata

Quali sono state le tue prime esperienze in campo artistico e musicale?

A 20 anni ho scoperto di avere una voce da soprano lirico, e mi sono iscritta alla scuola di musica di Grosseto (non c’è il conservatorio, e gli esami si devono andare a fare in altre città). Ho studiato canto lirico per cinque anni, ero entrata anche nel coro di Massa Marittima, dove ho conosciuto una soprano che mi avrebbe aiutato a trasformare la mia passione per il canto lirico in un lavoro. È un ambiente nel quale chi inizia è utile che si appoggi a una professionista che fa da mentore. Purtroppo, la mia famiglia non era d’accordo, sostenevano che con la musica e l’arte si rischiasse di morire di fame, e così per un periodo ho abbandonato l’attività artistica e musicale e mi sono messa a fare altri lavori di vario genere.

Quando ti sei avvicinata alla danza giapponese? Ci puoi spiegare quale siano le peculiarità di quest’antica arte poco conosciuta in Italia?

Alla danza giapponese vera e propria mi sono avvicinata verso i 30 anni, ma fin da piccola ero appassionata dei cartoni giapponesi, quelli che oggi si chiamano “anime”. Uno dei miei anime preferiti era Mademoiselle Anne. La protagonista aveva una cameriera che in realtà, era un attore esperto nell’arte dell’onnagata, ovvero nell’interpretazione teatrale di ruoli femminili, secondo la tradizione del Teatro Kabuki (n.d.r.: quando nacque il teatro Kabuki alle donne in Giappone non era consentito recitare: da qua nasce la tradizione degli onnagata. Il teatro Kabuki ha una struttura narrativa ed estetica molto diversa dalla tradizione occidentale). Guardando questo personaggio, le sue bellissime danze e i kimono che indossava desideravo visitare e conoscere questo paese, il Giappone.

La prima volta ci sono andata in viaggio di nozze, e la ho visto dal vivo i primi spettacoli teatrali, le esibizioni in stile geisha e la cerimonia del thè. Rimasi molto colpita dalle geishe e dalle maiko (n.d.r. la maiko è “l’apprendista geisha) che danzavano, sembravano delle farfalle in volo, o delle bambole in movimento, erano bellissime. Ho conosciuto dal vivo un’arte antichissima, che in Giappone si tramanda fedelmente ancora oggi.

Tornata in Italia, ho cercato una scuola di danza giapponese e mi sono iscritta all’unica esistente, poi dopo alcuni anni ho proseguito gli studi con un’insegnante privata. In seguito, grazie al contatto di una mia amica giapponese che aveva vissuto molti anni in Italia, ho avuto la possibilità di studiare direttamente in Giappone, in una scuola di danza di alto livello nella quale entri solo se sei “presentata”. Le geishe, a differenza di quanto credono molti in Italia, non sono mai state prostitute, ma artiste, esperte di un’arte difficilissima e sempre tese a ricercare la perfezione. Ho studiato la danza giapponese e l’arte della Geisha per 15 anni, affinando le tecniche di danza e del movimento del ventaglio, e poi ho provato a trasformare questa passione in un lavoro artistico. Sono stata in televisione, ho lavorato in diversi ristoranti giapponesi soprattutto a Roma, mi sono esibita al Festival della Camelia e al “Geisha Day” organizzato da una mia amica, che ha portato a Roma le artiste giapponesi. Io sono l’unica in Italia, dopo 15 anni di studi e perfezionamento, a praticare l’arte della danza giapponese dopo aver completato la formazione sul posto. Alcuni anni fa con questa amica andammo all’Eur di Roma, durante la fioritura dei ciliegi, e io misi in scena una performance di danza, “ingannando” i giapponesi presenti, stupiti e felici di vedere un’italiana che ha portato nel suo paese questa antichissima tradizione.

Oggi pratico anche il Kabuki moderno, altra forma di danza nata in Giappone che mi consente di cantare sia in giapponese che in inglese

Molte persone che lavorano nell’ambito artistico e del teatro in particolare sono state fortemente danneggiate dalle restrizioni sanitarie del 2020-2021. È stato così anche per te?

Purtroppo, si, dopo le chiusure per il covid non sono più stata chiamata e non ho più lavorato come performer di danza giapponese. Dall’anno scorso, alcune delle fiere dedicate agli oggetti e alla cultura giapponese sono riprese, ma non tutti sembrano avere chiarissimo cosa è la danza giapponese e l’arte della geisha.

Un’altra delle arti che pratichi, più diffusa in Italia, ma ancora di nicchia, è il cosplay. Ci puoi spiegare in cosa consiste nello specifico?

Il cosplay italiano è diverso da quello giapponese. In Giappone, le ragazze e i ragazzi affittano costumi già cuciti da professionisti, fanno i book fotografici e poi rendono di solito il vestito. In Italia invece quasi tutti i cosplayer cuciono i costumi da soli; per portare a termine un’armatura, o un vestito particolarmente complesso, ci si può mettere anche un anno e mezzo. Io non so cucire con la macchina, e faccio tutto a mano. Così ho realizzato il mio costume da Cruella (personaggio di un film di Craig Gillespie del 2021), facendo tutto a mano. Per realizzare il costume ho cercato i diversi pezzi colorati del vestito, e tutti gli oggetti che lei ha sulla giacca nel film, trovati girando per i mercatini toscani. Poi la parrucca e il trucco completano il personaggio. Ho realizzato due versioni del costume, una estiva e una invernale. Sono una “purista” nel senso che penso che il cosplay debba essere identico a quello del film. Un vero cosplay è quello che hai realizzato da sola, mettendoci tempo, sudore e anima.

Come ti sei avvicinata al mondo del cosplay?

Come ti ho detto, la passione per l’anime e la cultura giapponese la ho da sempre. Il cosplay l’ho conosciuto grazie a un mio amico che lo praticava, interpretando diversi personaggi. Un giorno l’ho visto vestito da Edward Mani di Forbice, il personaggio di Tim Burton, e lui mi spiegò la filosofia e lo spirito del cosplay. Anche lui era un purista: realizzava tutti i costumi da solo. In breve, mi sono appassionata anche io, cominciando a frequentare fiere ed eventi come Romics. E mi sono chiesta, come per la danza giapponese, se questa passione potesse trasformarsi in lavoro, quando sono diventata molto esperta nel realizzare abiti e costumi.

La tua particolarità è quella di proporre cosplay non solo di personaggi di fantasia, ma anche di personaggi reali dello spettacolo, soprattutto cantanti. Perché questa scelta?

I ragazzi di oggi conoscono anime diversi da quelli della mia epoca: per esempio, io interpreto Miss Dronio di Yattaman, cartoni che i ragazzi conoscono solo se hanno genitori appassionati che glielo hanno fatti vedere. Tra gli altri personaggi classici ci sono Cenerentola e Alice nel Paese delle Meraviglie. Oggi è di nuovo molto richiesta, dopo il film di Tim Burton. Questo è l’unico cosplay che ho leggermente modificato, aderente al film al 95%. Per trasformare questa passione in occasione di lavoro artistico, ho puntato sulle performance miste cosplay/canto a manifestazioni come convention del settore e fiere, feste di compleanno, matrimoni e altri eventi pubblici o privati. Io sono specializzata nel cosplay dei cantanti: nel mio repertorio ho tutti gli outfit di Elton John nel film “Rocketman” tra i più complessi da cucire, e artiste come Lady Gaga, La Rappresentante di Lista, Madonna. Nel corso di una performance posso anche cambiarmi e interpretare diversi personaggi. La particolarità delle mie performances è proprio l’unione di cosplay e canto.

                                                         Andrea Macciò

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