Sanità: il “pasticcio piemontese” che viene da lontano nella nostra provincia

Intervista al Vicepresidente Commissione Programmazione e Bilancio della Regione Piemonte

L’argomento malasanità in Italia è sempre purtroppo tra i più gettonati sulle pagine dei quotidiani e nei tg pari alla cronaca calcistica.

Noi abbiamo però deciso di chiarire non un singolo caso, ma diciamo più un “atteggiamento” di malasanità che ha coinvolto tutta la Regione Piemonte, compreso la nostra provincia, al punto da farla schizzare in poco tempo al secondo posto per numero di contagiati da Covid-19, seconda solo alla Regione Lombardia. Questo “atteggiamento” è stato battezzato con il nome di “pasticcio piemontese” da alcuni giornalisti ed ha diviso l’opinione pubblica e il Governo della Regione, quasi fossimo ai tempi dell’Affare Dreyfus nella Francia della Terza Repubblica.

È intervenuto per noi, in collegamento telefonico, il giovanissimo neo vicepresidente della 1° Commissione regionale, Sean Sacco, classe 1992, per illustrarci il suo punto di vista il problema.

Vicepresidente eccoci, in primis come mai la situazione ha preso questa piega e la nostra provincia è stata la più colpita della Regione?

Il 3 marzo, quando l’allora Responsabile dell’Unità di Crisi – Dott. Mario Raviolo – lanciò l’appello in TV per chiedere ai frequentatori della Sala da ballo“La Cometa” di contattare il proprio medico curante, in Piemonte i casi positivi erano 56, uno in meno delle Marche, circa un ventesimo rispetto alla Lombardia (1.326). Purtroppo sappiamo com’è andata a finire; la mancanza di una chiara guida rispetto alla presa in carico delle persone sospette sul territorio e una politica dei tamponi poco lungimirante ha permesso al virus di dilagare nella nostra provincia tanto quanto nel resto del Piemonte. Se a ciò si aggiunge il definanziamento che ha subito il Servizio Sanitario Nazionale negli ultimi 10 anni (la Fondazione GIMBE lo ha calcolato in 37 miliardi di euro) il quadro della situazione si fa più chiaro.

Cosa intende di preciso vicepresidente?

Intendo che nella nostra provincia la riorganizzazione della rete ospedaliera, voluta dal decreto Balduzzi (Ndr.: Decreto legge n. 158 del 13 settembre 2012 firmato dal Ministro della salute, Renato Balduzzi – Governo Monti), ha portato il numero di posti letto per pazienti acuti a meno di tre ogni mille abitanti; sono stati chiusi decine di reparti in tutte le strutture ospedaliere ma non si è potenziata l’assistenza distrettuale che avrebbe dovuto aiutare, in questo caso di pandemia, a monitorare e a contenere i contagi prima del loro arrivo nelle strutture ospedaliere. Un potenziamento dei medici di medicina generale e di strutture ambulatoriali ad esempio che il Decreto prevedeva. Insomma si è applicata solo una parte del Decreto, quella riferita ai tagli.

Chiaro. Solo questo ha creato il disagio che tutti conosciamo?

No, si hanno avuto anche problemi relativi al sistema informatico del SISP (Ndr.: Servizio Igiene e Sanità Pubblica) che è andato in tilt per le centinaia di segnalazioni via email da parte dei medici di medicina generale che ha letteralmente perso molte di queste cancellandole. Oltretutto la mancanza di personale ha rallentato molto la lettura anche di quelle pervenute aumentando i tempi di risposta all’epidemia. Altro fatto che ha inciso parecchio è stato il sottodimensionamento della struttura SEREMI (Ndr.: Servizio epidemiologia per la sorveglianza, prevenzione e controllo delle malattie infettive) sita proprio in Alessandria, dove purtroppo vi lavora un team composto da un numero di specialisti insufficiente. Questo, insieme ai motivi precedentemente elencati, ha portato a ritardi e incomprensioni che hanno fatto sì che il virus si propagasse con velocità maggiore che in altre zone.

Per concludere, pro e contro della nostra provincia e cosa ci aspetta nella Fase 2?

Sicuramente, dopo una prima fase di difficile organizzazione, la risposta delle cure a domicilio nella provincia di Alessandria è stata abbastanza buona grazie, occorre sottolinearlo, alla dedizione di tutti gli operatori sanitari presenti nel sistema. Come detto, una delle maggiori criticità è stata la gestione dei tamponi e soprattutto la loro analisi. Alessandria è stata tra le province più lente in questo e perciò c’è stata una grande circolazione del virus. Concludo sperando che l’esperienza maturata sia servita; nella Fase 2 occorrerà procedere con una campagna massiccia di test sierologici per individuare i molti asintomatici. Servirà fare tamponi iniziando dai lavoratori a contatto con il pubblico per circoscrivere meglio i focolai del virus. In proposito, per l’effettuazione di un maggior numero di tamponi, evitando il problema di approvvigionamento dei reagenti, ho proposto alla Regione di utilizzare un nuovo metodo messo a punto in Friuli Venezia Giulia dalla biologa molecolare Dott.ssa Stefania Marzinottto che riduce sia i tempi che, soprattutto, i costi.”

Fausto Cavo

Nella foto in alto Palazzo Lascaris, in basso Sean Sacco.

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