I discutibili orientamenti della giunta regionale del Piemonte sulle ferrovie sospese

Mentre nella vicina Valle d’Aosta si prevede una riapertura al servizio della bellissima ferrovia Aosta – Prè Saint Didier, e in altre regioni vicine si progetta l’elettrificazione di linee minori ancora percorse da treni diesel, in Piemonte dense nere nubi continuano ad addensarsi sulle cosiddette linee minori. Dodici di queste furono sospese dal servizio dal 2012 per una decisione (a nostro parere sbagliatissima) della giunta regionale allora in carica.

La giunta successiva, in carica fino all’anno scorso, sembrava un po’ meno distruttiva verso il trasporto ferroviario. Era pure stata programmata una riapertura almeno di una parte delle linee sospese. Tra queste, l’Asti – Alba, la Casale – Mortara e la Novi Ligure – Tortona. Solo a parole, o quasi, però; perché in concreto si è riusciti a vedere comparire qualche treno turistico, con materiale d’epoca, tra Asti e Castagnole Lanze – Canelli, dove sono stati eseguiti dei parziali lavori di ripristino, e sulla Novara – Varallo; e poco di più.

La nuova giunta Cirio, con l’assessore ai trasporti Marco Gabusi, sembra ritornata all’ostracismo verso il trasporto ferroviario locale. Gabusi era già noto quando, sindaco di Canelli, insisteva per trasformare la ferrovia momentaneamente sospesa in pista ciclabile. Ora persiste nella sua discutibile idea, supportato da (pochi) altri sindaci del territorio.

Rovinare un patrimonio d’infrastrutture, costato, non solo all’epoca della costruzione, ma anche nei successivi ammodernamenti degli impianti, sudore e molti soldi, per sostituirlo con un’opera che potrebbe essere costruita a parte con spesa sicuramente minore, non pare una soluzione conveniente.

L’attuale assessore cerca di giustificare la scelta sulla base del basso numero di utenti che usufruisce dei servizi di bus sostitutivi (che, infatti, sono fortemente in perdita come rapporto costi/incassi). Non può non sapere e forse fa finta di non sapere che il servizio ferroviario presenta diversi vantaggi rispetto a quello su gomma, che lo rende più appetibile per l’utenza: tempi di percorrenza più veloci e più certi, maggiore comodità nel viaggio (spazi più comodi, più spazio per i bagagli, possibilità di trasporto biciclette, usufruibilità dei servizi igienici), meno pericoli da condizioni atmosferiche avverse come nebbia e ghiaccio, maggiore capienza di trasposto, meno intasamento di traffico automobilistico; e, soprattutto se la linea è elettrificata, molto minore impatto da inquinamento atmosferico.

Infatti, sono molte le associazioni e i singoli che hanno protestato verso queste infelici propensioni dell’attuale giunta piemontese. Che oltretutto è in controtendenza rispetto ad altre regioni vicine, anche dello stesso colore politico. Ad esempio, in Lombardia si progetta di elettrificare le linee minori che ancora sono percorse da treni diesel. I fondi europei in arrivo sono un’occasione importante. (O forse qualcuno vorrebbe sprecarli in mance elettorali?).

Fra gli altri, in un comunicato congiunto, la FIAB (Federazione italiana amici della bicicletta) e la sezione piemontese di Legambiente, hanno emesso un comunicato congiunto, che sostiene come “Rimaniamo sconcertati di fronte alla miopia e all’insistenza in scelte sbagliate e penalizzanti da parte dell’Amministrazione Regionale. FIAB e Legambiente sono assolutamente favorevoli alle piste ciclabili, ma ritengono che queste debbano inserirsi in una strategia integrata dei trasporti pubblici in grado di fronteggiare la crisi climatica e le condizioni inaccettabili di inquinamento dell’aria e di traffico sulle strade. In questa strategia il treno ha un posto importante e non sostituibile. Le piste a lunga percorrenza hanno un ruolo turistico, importante nella valorizzazione del territorio, ma non possono incidere sulla quotidianità dei trasporti pendolari.”.

Recentemente, il 2 ottobre, si è anche svolto ad Alba un convegno dal titolo: “Ferrovia Alba – Asti – Nizza Monferrato. Patrimonio da difendere non da smantellare”, in cui hanno concordato con le considerazioni sopra espresse anche esponenti di forze politiche poste su schieramenti diversi.

Già in un precedente articolo avevamo citato inoltre uno studio dell’ingegner Marinoni, esperto di trasporto ferroviario, che ha evidenziato che “Rispetto al contenuto tecnico si può aggiungere che si parla sovente di quanto costi riaprire una ferrovia, ma non di quanto costi tenerla chiusa. Quello che in economia è il costo opportunità non viene mai sufficientemente considerato nei percorsi decisionali relativi alla politica territoriale, di cui le politiche della mobilità sono momenti essenziali. Le risorse necessarie alla riattivazione e all’esercizio di una ferrovia locale, il cui uso essendo parte di una rete non è in verità solo locale, hanno un ritorno sul territorio di un fattore 10: per ogni euro investito nel sistema ferroviario, ne ritornano dieci in termini di ricchezza generale al territorio”. Lo studio ha evidenziato anche come economie di scala potrebbero ottenersi compiendo, con unico treno, un servizio prolungato ad altre linee; ad esempio unendo il percorso da Ovada all’Alessandria-Casale-Vercelli.

Ovviamente, per rendere veramente fruibili le linee ferroviarie minori, occorre studiare un sistema di orari che vada incontro alle esigenze dei pendolari, e possibilmente anche del traffico turistico. E predisporre, da parte di Trenitalia, treni sufficientemente affidabili che evitino quei fenomeni di disaffezione, abbondantemente visti negli ultimi anni, derivanti da frequenti soppressioni del servizio per guasti o altri inconvenienti tecnici, oltre che da un’inadeguatezza degli orari e alla mancata programmazione delle coincidenze.

Come chiedono anche, con una lettera aperta (5 ottobre) ai sindaci del territorio del Basso Piemonte, le associazioni dei pendolari del Novese, dell’Ovadese, della Valle Stura e Orba e altri, che è possibile leggere integralmente nel documento sotto riportato.

Alla fine dell’800 e nel ‘900 il Piemonte era all’avanguardia non solo in Italia ma in tutta Europa, per la sua estesa rete ferroviaria, capace di servire efficientemente tutto il territorio. Altri tempi, altra lungimiranza da parte dei governanti.

Stefano Rivara

nella fotografia: una locomotiva a vapore utilizzata in un treno storico turistico del Monferrato

One Reply to “I discutibili orientamenti della giunta regionale del Piemonte sulle ferrovie sospese”

  1. Se si ragiona in termini di puro PIL, ha pienamente ragione l’assessore regionale ai trasporti ad opporsi alla ri-apertura delle linee ferroviarie sospese ed alla loro trasformazione in piste ciclabili.

    Dette trasformazioni infatti:
    – generano investimenti e spese per i piemontesi
    – lasciano intatto l’elevato parco auto circolante (dopo il Lussemburgo siamo la nazione più motorizzata d’Europa)
    https://www.gazzetta.it/motori/la-mia-auto/21-11-2020/italia-seconda-numero-auto-ogni-1000-abitanti-3901039945070.shtml in quanto gli autobus, costretti ad arrancare nello stesso traffico automobilistico, non sono
    mezzi di Trasporto Pubblico Locale appetibili
    – lascia invariati gli alti tassi di di usura delle strade, di incidentalità, di consumo di carburante, di inquinamento
    (la pianura padana rimane la zona più inquinata d’Europa https://images.app.goo.gl/HR8oRLKD8WrTnaXQ6
    con tutte le benefiche positive e continue ricadute sul PIL.

    Inoltre, quando gli effetti del cambiamento climatico si faranno sentire SUL SERIO anche in Europa ed i governi saranno COSTRETTI obtorto collo a prendere provvedimenti seri per decarbonizzare i trasporti, il PIL avrà un ulteriore rimbalzo in avanti, per il tempo necessario a:
    – smantellare le piste ciclabili realizzate sui sedimi ferroviari
    – ripristinare traversine e binari
    – installare le catenarie
    – ri-sistemare le stazioni ferroviarie
    – organizzare le stazioni per ospitare parcheggi protetti e videosorvegliati per bici/monopattini
    – ….

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