COVID-19: UN VIRUS AL POTERE

Da Massimo Chiocca, avvocato ma grande appassionato e studioso di scienze sociali riceviamo e ben volentieri pubblichiamo questa riflessione sul Covid e sul suo impatto sociale

1.La paura nei confronti del Covid–19 è smisurata.

Nemmeno la spagnola, un’influenza dalla mortalità ben superiore, ebbe effetti così devastanti sulla società. Tutti parlano di un nemico da sconfiggere. Abbiamo a che fare con il ritorno del “nemico”. L’influenza spagnola scoppiò durante la prima guerra mondiale. In allora tutti erano circondati da nemici. Ma nessuno avrebbe mai paragonato la “spagnola” ad un nemico.

2.Oggi la società è diversa.

In effetti abbiamo vissuto a lungo senza un nemico. La guerra fredda è terminata da 40 anni. Il terrorismo islamico colpisce, ma a sprazzi. Oggi il nemico induce la società ad organizzarsi in chiave immunologica. Questa società si contraddistingue per confini e steccati che impediscono la circolazione naturale di merci e danaro.

  • 2.1 La globalizzazione aveva abbattuto questi limiti, allo scopo di spianare la strada al “capitale”. Ne hanno fatto gran parte anche la promiscuità e la permissività generalizzata. Ma questo non deve scandalizzare. Il concetto di nemico non apparteneva, dunque, alla società della “prestazione capitalistica”; dello sfruttamento di ogni risorsa naturale; dell’obiettivo del massimo profitto (non con il minor costo ma con il minor danno – da scaricare, meglio, sulla collettività). D’improvviso, però, un virus irrompe in questa società; dove il “pericolo” era già in seno (Noam Chomsky): nel suo eccesso di positività: sovra-prestazione, sovra-produzione, sovra-comunicazione.
  • 2.2 Paura. Ecco allora che le soglie immunologiche vengono alzate e si chiudono le frontiere. Un nemico è (finalmente!) di nuovo tra noi. Il virus viene percepito come terrore permanente. Angoscia. Una reazione di rara intensità; e ciò, come detto, in quanto abbiamo vissuto a lungo in una società positiva; non pienamente libera, ma senza nemici apparenti.

3. La digitalizzazione

Vi è anche un ulteriore motivo e che riguarda la digitalizzazione. La digitalizzazione altera la realtà. La realtà la si percepisce tramite il confronto, che costa dolore. La realtà è l’uscita dal Paradiso Terrestre. La digitalizzazione, invece, tutta la cultura dei “LIKE”, tende a lenire la negatività del dolore. Il virus ha quindi provocato uno shock sociale e individuale: è la realtà che è tornata a farsi sentire nella forma di un virus ostile.

4. La paura

Dunque, la paura dinanzi al virus è una reazione immunitaria globale rispetto ad un nuovo “nemico”. La paura dinanzi al virus rispecchia la “società della sopravvivenza“, dove tutte le energie vitali sono impiegate per allungare la vita. La società della sopravvivenza è tendenzialmente avversa al piacere. È falsamente edonistica. La salute, la cultura del corpo, il viver bene e sano, rappresentano i valori più elevati della scala sociale. Se la sopravvivenza viene minacciata, ecco che si è disposti ai “sacrifici” e allora ci si piega allo “stato di eccezione” senza una particolare resistenza. La limitazione dei diritti fondamentali viene accettata con rassegnazione. L’intera società si trasforma in una quarantena, variante liberale del carcere, ove si realizza la cruda esistenza animale. Il campo di lavoro si chiama home-office. Ma è solo l’ideologia della sopravvivenza a distinguerlo dai campi di lavoro. La società della sopravvivenza ha poi il suo volto inumano. L’Altro è prima di tutto un untore, da cui bisogna prendere le distanze. Vicinanza e contatto significano contagio. Il virus determina o aggrava, così, solitudine e depressione. Il virus isola. Ora ognuno è preoccupato per la propria sopravvivenza. Tuttavia, la solidarietà di prendere le distanze gli uni dagli altri non è affatto solidarietà. Anzi ne contraddice il concetto.

5. I mercato finanziari

La reazione dei mercati finanziari all’epidemia, infine, è espressione di un terrore già esistente. Malgrado il costante incremento dei mercati, la politica monetaria delle banche ha prodotto una forma di panico represso, che, quasi, attendeva uno sfogo. Benvenuto virus.

6. La “rivoluzione virale”

Ci sarà dunque una “rivoluzione virale“? Il virus sta assestando un colpo mortale al capitalismo ed evoca uno strisciante comunismo?

Non credo. Il virus non rallenterà il capitalismo, lo sta solo sospendendo.

Il virus non sconfiggerà il capitalismo. La rivoluzione virale non avrà luogo. Nessun virus può fare la rivoluzione. Nondimeno, si è arrivati al punto di impiegare minacce e costrizioni per indurre i recalcitranti a dare seguito alle idee veicolate dalle notizie di regime. “Negazionista” è l’appellativo dato a chiunque si rivolti contro (non tanto le norme quanto contro) i messaggi mediatici ufficialmente propalati e riconosciuti come tali. Per cui il confronto si sposterà inevitabilmente – viste le premesse – dal piano dell’argomentazione “ragionevole” al piano dello “scontro violento”, come sta accadendo in Belgio, Olanda, Austria, con continue sommosse e l’uso della forza. La reazione sarà un regime di dura “sorveglianza digitale” – un nuovo sistema di potere. La classe degli “eletti”, degli “illuminati”, dei “responsabili”: è l’incubo orwelliano che si avvera, ed è già alle porte della democrazia. Il meno imperfetto dei sistemi di governo.

S.O.B.

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