Cervelli in fuga? Anche la Valle Scrivia ha i suoi

Non è esente dal fenomeno neppure lei. Una testimonianza diretta ci ha raccontato le possibilità nel Nuovo Mondo e la voglia di tornare (almeno) nella vecchia Europa

Abbiamo incontrato nella Grande Mela la scienziata italosvizzera Melody di Bona, nata a Losanna ma legata al paese di Arquata Scrivia dai molti anni in cui vi ha risieduto. Per noi, ha risposto ad alcune domande sulla vita nella metropoli statunitense, sul suo lavoro e sulle sue personali speranze per il futuro.

Melody, raccontaci brevemente il tuo legame con la Valle Scrivia.

(Sorride) “Faccio fatica a dirti da dove posso iniziare. Comunque, per non farla troppo lunga, posso dire di esser nata nel 1989 a Losanna perché mia madre è svizzera. Mio padre invece, è italiano e quando avevo pochi mesi di vita ci siamo trasferiti in Italia, a Genova, dove è nato lui. E successivamente, quando avevo circa tre anni, per via del lavoro di mio padre, ci siamo trasferiti di nuovo tutti e tre ad Arquata Scrivia. Ci sono rimasta fino all’età di 18 anni, quando poi, per motivi familiari, mi sono nuovamente spostata.”

Insomma, tutto il periodo della tua infanzia e della tua adolescenza lo hai passato lì. Ti ha lasciato dei bei ricordi?

“Si, certo! Le prime amicizie le ho strette lì ed alcune le conservo ancora. Ho frequentato le scuole elementari e medie ad Arquata (oggi scuole primarie e secondarie di primo grado ndr.) e successivamente il liceo classico a Novi Ligure sempre però resiedendo ad Arquata. Ho tanti ricordi.”

Poi finito il liceo, la scelta universitaria.

“Non subito. Per questioni familiari mi sono trasferita dopo il diploma in Calabria e il primo anno dopo le scuole superiori ho lavorato come barista. Mi sono iscritta all’università diciamo, dopo un anno sabbatico, ma la mia scelta è stata poi abbastanza chiara.”

Raccontaci il tuo percorso.

“Mi sono iscritta all’università degli Studi della Calabria prendendo l’indirizzo scienze e tecnologie biologiche. Finito il ciclo triennale di studi mi sono nuovamente trasferita, questa volta per studio, a Genova dove ho completato la mia laurea con la specializzazione in biotecnologie mediche e farmaceutiche. Poi, sempre a Genova, ho portato a termine il dottorato in fisica, dipartimento di nanoscopy and nanobiophotonics, all’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT). Una volta terminato il percorso ho capito di essere ad un bivio.”

Perché?

“Se rimanere in Italia o quantomeno in Europa, senza perciò distaccarmi troppo dagli affetti che avevo e dalla mia “zona di confort” diciamo, oppure credere fino in fondo a quello che avevo fatto fino a quel momento e proseguire, aprirsi opportunità decisamente più importanti, conscia ovviamente di dover affrontare anche delle difficoltà nuove.”

E quindi eccoti qui.

“Esattamente. Attraverso l’IIT ho avuto la possibilità di effettuare colloqui in varie strutture qui, negli Stati Uniti. Fortunatamente i colloqui sono andati tutti bene e quindi poi ho potuto scegliere la struttura che ritenevo più opportuna per il tipo di ricerche che volevo portare avanti. Qui al Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York ho trovato la struttura adatta per il mio lavoro, che si concentra sullo studio dei tumori attraverso continui esperimenti su cellule.”

E non dici poco, parliamo di una delle strutture a riguardo più importanti del mondo. Se mi posso permettere, non parlerei solo di fortuna ma anche di grande bravura. Da quanto tempo sei qui a New York? Come procede la tua carriera?

(Sorride) “Anche, si. Mi sono sempre impegnata per raggiungere i migliori risultati. Tre anni e mezzo, circa. E il tempo sembra veramente essere volato. Ma sicuramente in questo aiutano gli orari di lavoro molto stressanti e la vita frenetica che questa città, bene o male, impone a tutti. La carriera procede bene. È una sfida quotidiana, fatta di tanto lavoro, spesso weekend passati a lavorare da casa, moltissime scadenze. Una tabella di marcia veramente molto impegnativa da rispettare. Però solo gestendo le cose in questo modo riesco ad ottenere fondi per continuare il mio lavoro e, nello stesso momento, ad accorciare i tempi per il mio ritorno.”

Hai anticipato la mia domanda. Non vedi il tuo futuro qui? Quali sono i tuoi progetti?

“Nonostante venire qui è stato decisamente fondamentale, sia per la mia carriera sia come esperienza di crescita personale, la mia risposta è no. Il mio progetto è quello di ritornare in Europa e riuscire a conciliare quello che mi piace del mio lavoro con una buona qualità della vita; essere più vicina ai miei affetti, alle mie amicizie ed avere maggiore tempo libero. Qui purtroppo il lavoro, ma non solo, mi obbligano ad una vita veramente stressante. Ma sono ottimista e credo di riuscire a trovare interessanti opportunità nel Vecchio Continente. Oltretutto anche il mio compagno ha lo stesso progetto e le stesse mie aspirazioni, essendo anche lui europeo ed occupandosi di ricerca.”

Capisco. Per concludere: tornerai mai ad Arquata o comunque in Valle Scrivia?

“Mi aspettavo questa domanda (ride). A viverci, sinceramente, non credo proprio. Ma sicuramente ci tornerò saltuariamente per mantenere i legami che ancora ho lì e per certe ricorrenze. O quando ne avrò nostalgia. L’ipotesi più probabile ad oggi comunque è che io ritorni in Europa tra due/quattro anni e più precisamente in Svizzera, dove forse riuscirei ad ottenere il migliore compromesso tra lavoro e vita privata come ti spiegavo prima. E quella zona della Svizzera è a sole quattro ore di auto da lì.”

Fausto Cavo

La scienziata Melody Di Bona nei laboratori del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York
La scienziata Di Bona in occasione della vincita di un premio scientifico alla conferenza dell’American Association for Cancer Research tenutasi a New Orleans nell’Aprile di quest’anno

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